LA MUSICA COME AVVENIMENTO

Dopo l’ultimo travagliato secolo, in cui la musica e l’arte hanno osato come non mai, eccedendo in geniali o orgogliosi tentativi e scarseggiando in comunicazione, in commozione,  in ironia, non abbiamo forse un po’ perso per strada questa necessità, che anche (o soprattutto) la musica sia qualcosa di incontrabile dalla globalità della persona?  E incontrabile anche, almeno in qualche misura, dalla totalità delle persone, almeno non solo da quel pubblico finto che è formato solo da addetti ai lavori?
Una grave frattura in questa ultima decina di decenni l’uomo occidentale l’ha incontrata, la frattura esplicitata dalla contraddizione che Schönberg evidenziava tra bello e vero.
Se Schönberg, specie in certi passi della sua vicenda creativa, non vedeva possibile la coincidenza tra quelle due parole, tanti altri grandi tale coincidenza, tra bello e vero,  non solo hanno desiderato, ma hanno anche sperimentato ed espresso.
Come per tutte le domande più importanti, anche in questo caso penso che non dico la risposta, ma l’affronto serio, autentico, può venire solo dall’autentica esperienza personale.
Sono sempre più convinto che l’apporto interessante nell’arte musicale (come in tutto) non venga dalle intenzioni, dai proponimenti, ma dall’innamoramento, dal fascino che la  realtà è in grado di offrirmi, e insieme dall’esperienza coinvolgente (per me e di conseguenza, spero tanto, per chi ascolta) che i vari aspetti della realtà, come certamente il  testo e la musica, sono in grado di far avvenire. Ecco: la musica come avvenimento.